“Cavalli selvaggi” di Cormac McCarthy
È stata una vera galoppata, tra aerei, treni, pulman e stazioni ho terminato Cavalli selvaggi. Combattendo con una certa accidia letteraria, vorrei tracciare solo alcune pennellate. Prima di tutto mi piacerebbe discutere il finale, ennesimo punto interrogativo che rimane aperto e insoluto, ma per non rovinare la lettura agli altri non ne posso ovviamente parlare. John Grady Cole e suo cugino Lacey Rawlins scappano all´etá di 16 anni dalle praterie del Texas per inseguire un sogno: stabilirsi in un ranch qualsiasi per vivere da cowboy, domando i cavalli selvaggi delle alture messicane.
Bello il sogno, meno bella la realtá descritta durante il romanzo, dove l´umanitá ingenua dei due ragazzi viene scarnificata dalla crudezza della vita, amore e prigionia, convenzioni sociali e ingiustizia (la storia del giovane Jimmy Bewlins), Grady e Rawlins toccano il fondo. Niente poesia, niente illusione, la vita li investe come un treno a tutta velocitá.
Leggendo il romanzo ci si chiede tante cose. Quella che piú appare forte e insistente riguarda il senso della vita, guidare mandrie? Domare cavalli? Innamorarsi senza futuro?
Il libro presenta uno straordinario spaccato di vita del Messico rurale degli anni ´50. Un popolo diviso in due grandi gruppi: i ricchi imbrigliati e schiavi delle loro convenzioni e i poveri, gente semplice che non ha nulla ma che offre sempre una coperta e un piatto caldo.
Come decideranno di vivere John Grady e Lacey Rawlins ?
Hasta luego
PS
Non lo sapevo ma dal romanzo ne hanno tratto anche un film…
Suttree (recensito a mano)
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Buona lettura
Un anno a impatto zero
Colin Beavan é uno storico-elettronico (?), originario del Massachusetts, nel 2009 pubblica un libro dal titolo No impact man, un libro in cui racconta quello che é stato l´esperimento piú curioso che io abbia mai sentito: vivere un anno a impatto zero. Rispetto a Colin io sarei piú facilitato in questa impresa. Vivo in Germania, una nazione che sta per spegnere le centrali atomiche, che ricicla tutti i rifiuti, che ha i mercatini dell´usato piú forniti d´Europa, ma vivere ad impatto zero a New York é veramente difficile. Nella Big Apple non c´é piú la raccolta differenziata, i bar servono i loro prodotti in contenitori “usa e getta”, i taxi e i mezzi di trasporto non sono ecosostenibili, per salire le scale e non usare l´ascensore ci vogliono delle dispense papali, etc etc la lista sarebbe lunghissima.
Il libro e il suo autore, seppur con notevoli difficoltá, dimostrano che a NY, capitale mondiale dell´”usa e getta” si puó vivere senza produrre spazzatura e senza emissioni di CO2. Colin, sua moglie Michelle, sua figlia Isabella e il cane Frankie si impegnano per un anno a scoprire le motivazioni per rinunciare ai benefici del Cash & charry e del cibo d´asporto, scoprono soprattutto che vivere un anno ad “impatto zero” rende piú felici.
La famiglia ecosostenibile newyorkese fa un percorso a tappe:
- Eliminare la produzione di spazzatura
- Eliminare le emissioni di CO2
- Mangiare verdure e cibi di stagione coltivati in un raggio di 400 km ca.
- Non comprare nulla di nuovo
- Si spegne la luce!
Non vi anticipo nulla, ma immagino giá le domande che affiornao nelle vostre menti. Colin lo sa e vi terrá fino alla fine in sospeso. Ma soprattutto il colpo di genio di questo libro sta nell´abilitá dell´autore di intrecciare le esperienze del progetto con le sue conseguenze esistenziali sulla sua famiglia. L´autore ci accompagna in una riflessione sapienziale, risvegliando l´interesse per il pianeta in cui viviamo, per valorizzarlo come dono e non solo come “oggetto”. Chi vince tra la vita “usa e getta” e la vita a “impatto zero”? Quest´ultima naturalmente. I “tagli” ecologici a cui si sottopongono i protagonisti donano loro la cosa piú importante: il tempo per stare insieme, conoscersi e amarsi di piú.
Ma il sasso caduto nello stagno genera dei cerchi concentrici che si allargano sempre di piú e cosí la casa dei Beavan diventa un luogo dove si sperimenta la bellezza dell´amicizia. I primi a convincersi della bontá del programma sono proprio gli amici che ne vedono i frutti positivi.
PS: È scritto cosí bene che si legge tutto d´un fiato e in certi momenti mi ha fatto ridere di gusto.
Nell´attesa di recuperare il libro, guardatevi il trailer del film-documentario che uscirà l´11 settembre negli Stati Uniti.
Io canonizzerei frère Roger solo per questa frase
Come dico nel titolo di questo post, canonizzerei subito, seduta stante quest´uomo, che nonostante avesse sotto gli occhi i frutti positivi che la sua comunitá esprimeva, spingeva gli entusiasti a non copiare ma a cercare sempre la loro strada e il progetto che Dio aveva per loro.
tratto da f. Roger, Lotta e contemplazione. Diario 1970-72, Morcelliana, Brescia 1982 (IV ed.)
Sunset Limited
Cormac McCarthy, Sunset Limited, Einaudi, Torino 2008.
L’incalzante ritmo di Sunset Limited non permette al lettore di staccare gli occhi dal testo. Ci vorrano all’ incirca due ore per leggere questo dialogo teatrale. Non c’è un nome per identificare i protagonisti, non c’è una via che ci permetta di collogare la scena (una sceneggiatura “minimalista”).
Sono due esistenze messe a confronto: il reietto nero salvato da Cristo e l’intellettuale aspirante suicida sul baratro della dannazione.
Uno degli argomenti che Cormac McCarthy affronta è quello della conoscenza. I 4000 libri che il professore ha letto nella sua vita simboleggiano, secondo il nero, la sua disperazione. A cosa sono serviti? Questa è una delle domande che fa da trama a tutto il discorso tra i due. Alcuni passaggi dei dialoghi sono stupendi. Il nero, con un linguaggio da uomo della strada, interloquisce sapientemente con il bianco che non si vuol far coinvolgere in una “storia di salvezza”, ma fino alla fine rimane drammaticamente fermo e non si apre alla salvezza, che altro non è, afferma il nero, che invocazione di aiuto e ascolto della voce di Dio.
L’autore affronta i grandi temi dell’umanità: l’ampiezza d’azione della salvezza, il vivere senza l’assoluto, la ricerca della felicità e l’esistenza di un aldilà. McCarthy lo fa in un modo innovativo, rapido e acuto. Il nero mette più volte alle corde il professore, ma le nostre attese di un “happy end” vengono disattese, il testo non ha in realtà un finale, sta al lettore immaginarselo.
Qui potete vedere il trailer della versione teatrale: